Definito dal critico d’arte Peter Schjeldahl come “la più efficace illustrazione politica americana dai tempi dello Zio Sam”, il poster “Hope” (Obama) realizzato dallo street artist OBEY, è una delle immagini politiche più iconiche della storia moderna.
L’opera d’arte realizzata da Obey (alias Shepard Fairey), composta da un ritratto stilizzato del giovane candidato democratico che fissa risolutamente in lontananza, evoca allo spettatore il sentimento di autentico ottimismo progressista che ha dominato tutta la campagna di Obama. Quello che pochi sanno è che in realtà la grafica di Obey è il risultato di una rielaborazione in quadricromia (nei colori: panna, nero, rosso e azzurro) di una fotografia scattata nel 2006 all’allora senatore Obama mentre era in compagnia di George Clooney al ritorno da un viaggio in Darfur.
L’autore della foto, il fotografo Mannie Garcia, faceva però parte della National Press Photographers Association, associazione il cui codice etico vieta espressamente che le foto da essa commissionate ed esposte possano essere utilizzate all’interno di campagne di propaganda politica.
Per questo motivo lo street artist Shepard Fairey rischiò di essere accusato di appropriazione indebita di fonti in base alla legge sul diritto di autore. Fairey non negò l’utilizzo di tale fonte, ma si difese dall’accusa sostenendo di essersi appropriato dell’oggetto materiale (la foto) ma non della sua essenza, dando invece all’opera un significato più personale e profondo. Non nascose, ad esempio, di essersi ispirato per realizzare quest’opera e le altre del trittico anche ad un ritratto in posa molto simile di John Fitzgerald Kennedy.
Anche a causa di quest’accusa (poi caduta) di violazione dei copyright (oppure forse per i 19 arresti per atti di vandalismo intentate a OBEY dalle forze dell’ordine per la sua volontà di esporre abusivamente la sua arte), il comitato elettorale democratico ha sempre dichiarato di non aver mai avuto contatti diretti con l’artista, anche se sappiamo per certo che egli iniziò a lavorare al progetto quando, nei mesi antecedenti il voto, gli exit poll davano come vincente il candidato avversario, il repubblicano McCain.
Fu però lo stesso presidente Obama ad inviargli, una volta eletto, una lettera in cui lo ringraziava apertamente per l’apporto creativo alla sua campagna: “Ho il privilegio di essere parte della tua opera d’arte e sono orgoglioso di avere il tuo sostegno” le sue esatte parole.
Il successo e la diffusione delle opere d’arte di Obey denominate “Hope” e degli altri due ritratti di Obama rientranti nel trittico (“Progress” e “Vote”) sono stati enormi, tanto che nell’ottobre 2008, ad un mese dall’elezione finale, furono venduti oltre 300 mila riproduzioni del poster ed un milione di stencil, motivo per cui non sono pochi coloro che sostengono che, in qualche modo, quest’immagine abbia contribuito alla crescita di popolarità e quindi all’affermazione di Obama come 44esimo presidente degli Stati Uniti di America.
Per la carica emozionale ed espressiva di quest’opera di Shepard Fairey, alcuni sostengono che quest’ultimo sia riuscito a trasformare il primo presidente di origine afroamericana degli Stati Uniti di America in una vera e propria icona pop contemporanea proprio come Andy Warhol aveva fatto con la celebrazione delle sue icone prese dal mondo del cinema e della politica (da Marilyn Monroe a Mao, da Liz Taylor a Kennedy).
Ma da dove deriva esattamente la forza creativa di “Hope” e delle altre opere d’arte di Obey realizzate con fine propagandistico, sociale e politico, fra cui il murales “Liberté Egalité Fraternité” realizzato dall’artista a Parigi dopo gli attacchi terroristici del 13 novembre 2015 e donato, sotto forma di dipinto, all’Eliseo dove ora è esposto?
È lo stesso Shepard Fairey a dircelo. Il poliedrico artista, che oggi è impegnato a sostenere la Silverlake Conservatory of Music, un’organizzazione di educazione musicale senza scopo di lucro fondata dal suo amico e bassista dei Red Hot Chilli Peppers Flea, sostiene infatti che la sua passione per la street art è nata da altre sue passioni: lo skateboard e il punk rock. Da lì, nasce l’idea di realizzare stencil, adesivi e poster casalinghi ma con un alto contenuto artistico in modo da rendere ancora più popolare e sempre più “democraticamente fruibile” l’arte grafica.
Ma, non è tutto. OBEY, infatti, è un fine conoscitore delle tematiche legate al potere e alla propaganda. Il suo stesso nome deriva dall’inglese “Obey” (obbedire) e si ispira ad un film di John Carpenter dal titolo “Essi vivono” che affronta il tema della propaganda subliminale.
Inoltre, più volte lo street artist si è espresso sul tema dell’obbedienza nelle società avanzate, con rifermenti a Orwell e Bradbury. Questo suo impegno lo ha portato, ad esempio, a supportare campagne come quella riguardante la riforma delle prigioni in favore dei più deboli e diseredati e a creare immagini come quelle inerenti il progetto “Power & Equality” a sostegno
dell’uguaglianza di genere e dell’emancipazione femminile ovunque, ma con un collegamento diretto con il Lower East Side attraverso il ritratto dell’attore, attivista e membro del consiglio di amministrazione del Lower East Side Girl’s Club Rosario Dawson.
“Hope”, il ritratto di Barak Obama stilizzato in quadricromia, fa parte, come altre opere di street art, della collezione permanente della National Gallery di Washington. Di recente, è stato possibile ammirare opere d’arte di Obey anche in Italia presso il Palazzo Ducale di Genova nell’ambito di una mostra dedicata a questo straordinario artista.
Per ammirare invece uno dei bellissimi murales che Obey ha realizzato lungo le strade cittadine, è possibile dirigersi, tra gli altri luoghi, anche a Venezia, Parigi, Berlino, Vienna, Copenaghen e Grenoble.