Come e dove è nata la street art?

E’ già alla fine degli anni 60 che i primi writer iniziano a scrivere ossessivamente il proprio nome su ogni superficie. Quando Keit Haring arriva a New York nel 1978, ogni carrozza della metropolitana è firmata o dipinta e la città ha già, da tempo, avviato lotte serrate contro un fenomeno ormai dilagante e fuori controllo.

Probabilmente Philadelphia è il luogo natale dei graffiti writing ma New York ha dato una decisiva spinta al fenomeno ed è proprio qui che è esploso il “writing”.

E’ la fine degli anni sessanta e New York è il centro di rapidi cambiamenti sociali e culturali: Julio, un ragazzo della 204′ Strada, comincia a scrivere il proprio nome (Julio 204) per le strade e sulle metropolitane. Nel 1968 la sua firma compare in tutta la città: scrive il suo nome praticamente ovunque, anche al di fuori del proprio quartiere ma, di lui si perderanno le tracce quando, dopo un’esperienza da taxista per due anni, finisce in un ospedale psichiatrico.

Nel 1971 Taki 183 (un diciassettenne greco di nome Demetrios) partendo da Washington Heights a Manhattan, ha riempito di tag tutta New York ed un reporter del New York Times, cercando di comprendere il significato delle sue firme, lo contatta e pubblica l’intervista “Taki 183 Spawns Pen Pals“, rendendolo una celebrità tra i suoi coetanei e aprendo la strada a molti imitatori, spesso raggruppati in gruppi. Chi scrive il suo nome più volte, nei luoghi più inaccessibili o più pericolosi diventa una sorta di “eroe popolare” tra i suoi coetanei.

Già nel 1971 la città di New York spende circa 300.000 dollari all’anno per pulire i luoghi pubblici dalle scritte.

La pratica di scrivere il proprio nome sugli spazi pubblici e, particolarmente, sulla metropolitana dilaga dai primi anni settanta: tra i tanti nomi possiamo ricordare Greek, Bronson 1, Tree 127, Phase II, Lady Pink (unica donna del gruppo) e molti altri.

Il nome diviene essenziale come affermazione di identità: Cay 161 sostiene che “il nome è il credo dei graffiti!”.

Fin dall’inizio i writer sono stati molto affezionati ai treni: la metropolitana di New York permette alle firme di muoversi in tutta la città rendendole estremamente visibili (quattro milioni di passeggeri al giorno) ed ha un ruolo di collegamento e comunicazione tra i quartieri della città. Per questi motivi i writer eleggono la metropolitana supporto preferito per il cosiddetto trainbombing. Alcuni sostengono poi che il movimento del treno conferisca ai graffiti una componente stilistica in più, un effetto dinamico difficilmente ottenibile su muro. Anche i colori risaltano meglio sulla lamiera di un treno.

Le linee preferite dai writer sono la 2 e la 5, perchè servono una vasta area della città, diffondendo il nome degli artisti su un territorio più ampio. Tra i molti rischi che i writer affrontano pur di riuscire a diffondere il proprio nome sulla subway ci sono quello di venire arrestati, di inciampare sulla terza rotaia (600 volt) o di essere investiti da un treno.

Mano a mano che i treni si riempiono di firme, diventa necessario differenziarsi per rendere le proprie più evidenti e leggibili. Gli artisti iniziano allora ad introdurre delle variazione nel loro tag ed a sviluppare veri e propri loghi riconoscibili all’istante. Il rispetto del nome è forse l’unica legge fondamentale dei writer: mai scrivere sopra il nome di qualcun’altro. Lo stesso vale per l’originalità: copiare il nome o lo stile di un altro significa rubarne l’identità; infrazioni come questa incorrono sempre in sanzioni sociali che arrivano fino alle punizioni fisiche.

Tra le novità utilizzate dai writer per distinguersi l’aggiunta di un contorno alla firma è sicuramente tra le più degne di nota. Super Kool 223, per primo, realizza una grossa firma con il contorno (impiegando ben due bombolette per il solo contorno) su un vagone, introducendo ciò che verrà chiamato masterpiece. Ma Super Kool 223 non si limita a questo perchè il passo successivo fu quello di dipingere per tutta l’altezza del vagone, anche sui finestrini, da cima a fondo. Nessuna lo aveva mai fatto!

Queste due innovazioni aprono la strada ad un approccio diverso, al passaggio dalle semplici firme ai veri e propri pezzi.

Con il diffondersi degli stili nelle lettere e nei simboli si accentua la gara per chi ha le lettere con lo stile più originale, con le colorazioni migliori. Intorno al 1973 nasce il wildstyle: le lettere softie cominciano ad allungarsi, a contorcersi, a separarsi ed ornarsi di frecce a scapito della leggibilità del pezzo. L’ufficio del bilancio di New York stima che il 64% dei treni, il 46% degli autobus, il 59% delle case abbiano subito un danneggiamento da grave a estremo!

Durante la metà degli anni settanta la lotta della città di New York contro i writer si fa serrata ed anche la stampa cambia la propria posizione da favorevole a contraria ai graffiti, iniziando a definire gli artisti come “animali“, “giovani vandali“, “minaccia pubblica“. Ma, per nulla scoraggiati, i writer continuano a dipingere aggiungendo nei propri ranghi molte nuove leve. I nuovi writer, reduci dagli insegnamenti dei più “anziani”, aggiungono elementi figurativi alle loro opere, collocandole in un contesto più ampio ed utilizzando tecniche pittoriche più complesse ed elaborate. I writer emersi dopo il 1974 sembrano arrivare ai binari con l’intenzione di diventare artisti, considerando ormai questo stile pittorico una vera e propria forma d’arte.

Già nel 1972 la United Graffiti Artists tiene una mostra alla Razor Gallery e molti pezzi, riprodotti su tela, vengono esposti nelle gallerie newyorkesi. E’ inevitabile una rottura del movimento: da una parte i graffiti artist, che accettano di dipingere secondo i canoni tradizionali (tra cui Futura 2000 e Lady Pink) e dall’altra i “veri” writer, convinti che l’illegalità sia l’unico modo per esprimersi liberamente. Phase II sostiene che l’emozione di dipingere sui treni sia impossibile da ricreare.

Nel 1977 la lotta ai graffiti inizia ad ottenere i primi effetti, quando viene messa a punto una combinazione di acidi in grado di rimuovere la vernice dai vagoni. Le carrozze vengono fatte passare in un gigantesco autolavaggio che le spruzza di acido e rimuove tutti i pezzi. Questa soluzione verrà poi abbandonata dopo aver scoperto che gli acidi utilizzati stavano provocando problemi di salute ai dipendenti dei trasporti pubblici newyorkesi ed ai bambini di una scuola vicina all’impianto di “autolavaggio”.

Negli anni successivi i writer Ali e Zephyr propongono all’autorità che gestiva i trasporti di consentire loro di dipingere un treno e fare un sondaggio sulla reazione del pubblico, ma tale richiesta fu rifiutata! La politica “anti-writer” si intensifica ed a partire dal 1989 il writing si sposta per le strade della città, abbandona la metropolitana a favore dei muri.

Ancora oggi i writer scendono nei tunnel per dipingere i treni anche se nessuno vedrà mai le loro creazioni, che quasi sempre verranno cancellate subito dopo. Le opere vengono però documentate, filmate per dimostrare che “fare” la metropolitana di New York è ancora possibile!

Riferimento bibliografico: “Graffiti Writing – Origini, significati, tecniche e protagonisti in Italia”, Alessandro Mininno, Mondadori Arte.